Piccolo Dizionario dei Tagli delle Gemme

In gioielleria vengono utilizzate quasi esclusivamente gemme tagliate: l’operazione del taglio serve a esaltare la brillantezza e il colore di una gemma e, negli esemplari trasparenti, quei fenomeni luminosi che ne costituiscono la bellezza.

Il taglio, oltre ad esaltare le qualità della pietra, serve a darle una determinata forma e a renderla adatta all’incastonatura. Il taglio e la politura di una gemma portano a una considerevole perdita di peso rispetto alla pietra grezza; in base alla sua forma, pertanto, viene usato il tipo di taglio che, da una parte permette di perdere il minor peso possibile, dall’altra di sfruttarne al meglio le caratteristiche.

Per quanto riguarda la brillantezza di una gemma, il giusto taglio consente di “ottimizzare” i fenomeni ottici della riflessione, della rifrazione (la deviazione subita dal raggio di luce quando entra nella gemma) e della dispersione (scomposizione della luce bianca nei suoi diversi colori), dando luogo a quei magici bagliori e riflessi dovuti al “gioco di specchi” creato dalla sfaccettatura, che deve essere disposta secondo proporzioni e regole rigidamente matematiche. Infatti, all’interno di una gemma opportunamente tagliata, la luce “rimbalza” da una faccetta all’altra del padiglione, fuoriuscendo poi dalla corona sotto forma di brillantezza e fuoco (viene così chiamato l’effetto ottico, tipico delle pietre trasparenti, che si produce quando la luce “bianca” si scompone nei colori dell’iride). Quindi, un buon taglio deve assolutamente evitare la perdita di luce attraverso i lati o il fondo della gemma.

La scelta del taglio dipende sostanzialmente dalle dimensioni e dalla forma del grezzo, in alcuni casi anche dalla moda o da ragioni commerciali. Tra le variabili da prendere in considerazione sono poi da citare le inclusioni, ovvero le imperfezioni, solide, liquide o gassose, presenti in una pietra: la loro posizione e il loro numero influiscono sulla sua purezza, e ovviamente sul suo valore. Il taglio definisce numero, disposizione e forma delle faccette rispetto alla tavola, alla corona e al padiglione; i tagli diversi da quello a brillante rotondo standard e da quello a cabochon sono detti “fancy” (tagli fantasia).

Sostanzialmente esistono quattro famiglie di tagli: “a brillante” (taglio a brillante rotondo e i tagli da esso derivati: ovale, a goccia, a navette, a cuore); “a gradino”, vale a dire formati da file di faccette con disposizione a scalinata, adatti a pietre dai contorni quadrati o rettangolari (i più noti sono il taglio a smeraldo, il taglio a baguette, il taglio carré); tagli “misti”, tutti relativamente recenti, che uniscono alcune caratteristiche comuni alle due precedenti categorie (il più conosciuto è il taglio princess); tagli “a rosa”.

I principali tagli utilizzati in gioielleria

Rettangolare, con la parte superiore piatta, deve il suo nome al tipico filone di pane francese, di cui ricorda la forma allungata. Appartiene alla famiglia dei tagli a gradino ed è uno dei tagli più antichi e tradizionali, in quanto offre alcuni vantaggi non trascurabili: infatti è realizzabile anche con strumenti e tecnologie modesti e comporta una perdita di peso minore rispetto, per esempio, al taglio a brillante. Inoltre, in un pavé, le gemme a baguette, lasciano meno spazio tra una pietra e l’altra, con risultati esteticamente molto gradevoli.
Spesso le pietre tagliate a baguette sono di piccole dimensioni e, in un gioiello, servono a contornare le pietre centrali, di taglio differente: è infatti raro che una pietra a taglio baguette venga utilizzata come pietra principale. Le proporzioni ottimali lunghezza/larghezza sono 1,5:1, ma esistono molte varianti: per questo motivo non è facile trovare delle serie di gemme con taglio a baguette identiche nelle dimensioni.
Oltre ai diamanti, si usa tagliare a baguette tutte le altre pietre preziose e gemme che presentano questa forma già allo stato grezzo, come è spesso il caso delle tormaline. Si chiama “taper” il taglio a baguette che ha forma trapezoidale, con uno dei due lati corti più lungo dell’altro.

Quando si parla di taglio a brillante, comunemente s’intende il taglio a brillante rotondo utilizzato per il diamante (tanto che molti usano impropriamente il termine “brillante” invece di “diamante taglio a brillante”). Si tratta di un taglio con 57 faccette: 33 nella parte superiore (tavola più corona), 24 nel padiglione e una cosiddetta 58esima faccetta, la piccola “tavola inferiore” o apice, all’estremità del padiglione, che costituisce il punto d’incontro di tutte le faccette.
Il taglio a brillante è stato studiato espressamente per il diamante, anche se è adatto a qualsiasi gemma, nel rispetto delle proporzioni. È universalmente accettato che sia stato messo a punto verso la fine del 1600 dal tagliatore veneziano Vincenzo Peruzzi. La fortuna di questo taglio – che rivelò tutta la brillantezza e la perfezione del “re delle gemme” – fu immediata, anche perché coincise con una maggiore disponibilità dei diamanti stessi in Europa, dopo la scoperta dei giacimenti brasiliani all’inizio del 1700 (fino a quel momento, erano noti solo quelli indiani).
Nel 1919 Marcel Tolkowski formalizzò una serie di formule matematiche (basate su studi di ottica), che stabilivano esattamente angoli e proporzioni delle faccette per esaltare al massimo la brillantezza e il fuoco della gemma (il “taglio a brillante ideale”). Va specificato, per inciso, che il fuoco è un effetto ottico tipico del diamante sfaccettato e consiste nella varietà, lucentezza e intensità dei colori dell’iride che si producono e risultano visibili a occhio nudo quando il diamante riflette la luce.
È importante sapere che il taglio a brillante comporta una notevole perdita di peso della pietra (fino al 60-63%), a tutto vantaggio, però, della sua bellezza, e può essere applicato a forme diverse da quella rotonda (infatti, il taglio a brillante è, più propriamente, una famiglia di tagli che comprende anche i tagli ovale, a goccia, a navette e a cuore, derivati dal taglio rotondo standard).
Tra le gemme celebri tagliate a brillante figura lo zaffiro “Reward of Faith”, rinvenuto nel 1975 nel campo minerario di Reward, in Australia: pesa 52,36 carati e ha uno straordinario color ciliegia.

Il termine “cabochon” deriva dal francese “caboche” (testa), a sua volta dal latino “caput”. Il taglio detto a cabochon somiglia infatti alla sommità di una testa ed è caratterizzato da una o due superfici convesse, arrotondate, lucidate ma non sfaccettate. Il fondo di una pietra così tagliata può anche essere piatto, o addirittura concavo allo scopo di dare maggior luce alla gemma e farne risaltare il colore.
Il taglio a cabochon si perde nella notte dei tempi. Tutte le pietre tagliate dell’antichità erano incise o a cabochon, dato che venivano solo arrotondate e levigate. Ventidue gemme cabochon ornano uno degli oggetti d’oreficeria più famosi dell’alto Medio Evo: la corona ferrea, conservata nel Duomo di Monza e usata, fino al XIX secolo, per incoronare i Re d’Italia.
Le cose cambiarono nel XV secolo, quando il taglio a cabochon fu letteralmente soppiantato dalla novità del momento, il taglio sfaccettato. Dopo un oblio durato secoli, tornò in auge negli anni della gioielleria Art Nouveau, quando venne considerato un metodo di taglio efficace per far risaltare non solo le pietre dure ma anche quelle di colore, allora tanto di moda. Tra queste ultime, le più adatte al taglio cabochon sono l’ametista, il citrino, la rodolite e le tormaline, ma anche rubini, zaffiri e smeraldi – dal colore ricco e intenso. Non sono adatte al taglio cabochon, invece, tutte quelle pietre che rivelano inclusioni o fratture che raggiungono la superficie, dato che potrebbero spezzarsi al momento del taglio.

Il taglio a forma di cuore fa parte della famiglia dei tagli a brillante e presenta 59 faccette. I parametri di taglio sono, nella maggior parte dei casi, determinati dalla forma e dalla natura della pietra grezza: la presenza d’inclusioni di grosse dimensioni, ad esempio, e la necessità di non perdere troppo peso, possono portare alla decisione di realizzare un taglio di questo tipo.
Per la sua forma unica, il taglio a cuore rappresenta una vera e propria sfida, ed è il risultato di una grande perizia artigianale: il tagliatore, infatti, deve essere in grado di ricavare il massimo della brillantezza dalla pietra, attraverso un taglio che presenta notevoli difficoltà e richiede corrette proporzioni.
L’origine di questo taglio è incerta, anche se si ritiene sia stato messo a punto in India. Per ovvie ragioni, le pietre tagliate a cuore sono le predilette come dono per l’anniversario, il compleanno o in occasione di San Valentino e la loro popolarità ha avuto un picco, alla fine degli anni Novanta, grazie al film “Titanic”, dove la storia d’amore di Rose (Kate Winslet) e Jack (Leonardo Di Caprio) viene narrata proprio partendo da una collana con un pendente di zaffiro tagliato a cuore e circondato da diamanti. Tra le gemme tagliate a cuore è da citare poi il diamante “Heart of Eternity”, rinvenuto in Sudafrica nel 2000, caratterizzato da uno splendido colore azzurro intenso e dal peso di 27,64 carati: il nome del suo attuale proprietario è sconosciuto.

Derivato dal taglio a brillante, quello a goccia, altrimenti detto a pera, è estremamente diffuso. La parte più brillante della gemma è quella rotonda. Il numero standard di faccette è 71, mentre il rapporto tra lunghezza e larghezza è in una certa misura soggetto al gusto personale. Infatti sono molte le varianti possibili: la romantica forma – che ricorda una goccia d’acqua, o una lacrima – è una via di mezzo tra quella del taglio a brillante rotondo e quella del taglio a navette, e risulta particolarmente indicata per pendenti e orecchini, ma anche per anelli di fidanzamento e altre tipologie di gioielli.
A goccia è stato tagliato il Cullinan I (o “Stella d’Africa”), che fu ricavato dal più grande diamante grezzo mai rinvenuto. E’ incastonato nello scettro reale britannico, custodito nella Torre di Londra, e pare sia ancora il diamante tagliato più grande del mondo.
Ma, forse, il diamante a goccia più “popolare”, quello che ha fatto sognare una generazione di donne, è il “Taylor-Burton”, una splendida gemma di quasi 70 carati donata da Richard Burton alla moglie Elizabeth Taylor. Dopo il divorzio, nel 1978, l’attrice annunciò di volerlo vendere per devolvere parte del ricavato alla costruzione di un ospedale in Botswana. Il diamante riapparve l’anno successivo, quando il gioielliere newyorkese Henry Lambert ne entrò in possesso per 5 milioni di dollari. Si ritiene che oggi il Taylor-Burton appartenga al collezionista libanese Robert Mouawad.

Navette è un termine francese che significa barchetta: il taglio a navette ha infatti una forma ovale allungata, con i lati ricurvi che si uniscono alle estremità a formare due punte. Si ha quindi una zona centrale più grande e molto luminosa, che per essere tale deve avere anche una certa profondità, altrimenti la luce l’attraverserebbe senza dar luogo a fenomeni ottici di una qualche rilevanza, a scapito della brillantezza.
Normalmente, la proporzione tra la lunghezza e la profondità di una gemma tagliata a navette è di 2:1, mentre il numero standard di faccette è 57, come nel taglio a brillante rotondo da cui questo taglio deriva.
Il taglio a navette è molto difficile da realizzare e richiede grande esperienza, soprattutto in considerazione della relativa fragilità delle punte. È noto anche come taglio “a marquise” perché, secondo la tradizione, fu commissionato al proprio tagliatore personale da Luigi XV di Francia, che voleva un diamante dalla forma perfetta come la bocca e il sorriso della sua favorita, la colta e brillante Marquise de Pompadour.
Tra le più famose gemme tagliate a navette figura il Cullinan VI, una delle nove gemme principali ricavate dall’enorme diamante Cullinan (3.106 carati da grezzo, pari a 621 grammi). Un’altra gemma spettacolare a navette è il diamante da 69,80 carati ricavato, insieme ad altre venti pietre minori, dal diamante Excelsior – che dopo il Cullinan è probabilmente il diamante più grosso mai rinvenuto. Dall’Excelsior fu ricavata un’altra gemma da 18 carati con taglio a navette, gemma che De Beers presentò nel 1939 all’Expo di New York.

Il taglio ovale moderno – della famiglia dei tagli a brillante – è stato messo a punto da Lazare Kaplan nel 1957. Nato in Belgio nel 1883, discendente da generazioni di gioiellieri, Kaplan aprì una propria attività nel settore dei diamanti ad appena vent’anni, diventando in breve uno dei più importanti tagliatori di Anversa.
Solitamente questo taglio è costituito da 57 faccette, come quello a brillante rotondo. Un diamante a taglio ovale, se ben proporzionato, ha quasi la stessa luminosità di un diamante rotondo poiché gli angoli di taglio delle faccette sono molto simili. Una gemma tagliata ovale sembra più grande di una pietra rotonda della stessa caratura; un rapporto lunghezza-larghezza di 1,33-1,66:1 è universalmente considerato ottimale per le forme ovali, anche se esiste una certa tolleranza lasciata al gusto personale (fino a 1,75:1).
La forma allungata di questo taglio lo rende perfetto per pietre da incastonare negli anelli. Una gemma ovale è adatta ad essere utilizzata sia come gemma centrale, sia come gemma da affiancare alla pietra principale.
Sicuramente la gemma più celebre con questo taglio è il diamante Koh-I-Noor (quasi 109 carati). La sua storia è documentata a partire dal 1304, quando fu rubato al Raja di Malwa. Il suo nome significa “Montagna di luce”, e si racconta che siano state proprio queste le parole esclamate da un deliziato Nadir, Shah di Persia, quando ne entrò in possesso nel 1739. Dopo una serie di peripezie, questa gemma meravigliosa, quasi incolore, passò ai regnanti inglesi. Attualmente fa parte dei Gioielli della Corona e la si può ammirare nella Torre di Londra.

Il taglio princess è probabilmente il più conosciuto dei tagli misti, vale a dire quei tagli che uniscono caratteristiche del taglio a brillante e del taglio a gradini. Nel taglio princess, infatti, la corona è tagliata a brillante mentre il padiglione è tagliato a gradini. Nella parte superiore somiglia a una piramide tronca, con base quadrata o rettangolare.
È un taglio recente, quello princess: le sue origini risalgono ai primi anni Sessanta, quando l’ungherese Aprad Nagy sviluppò un taglio conosciuto come “Profile Cut”, più piatto rispetto all’attuale taglio princess. Fu Basil Watermeyer, tagliatore di diamanti di Johannesburg, Sudafrica, a inventare, nel 1971, il “Barion Cut” dal profilo quadrato che, attraverso la tavola, rivela il caratteristico motivo a croce che contraddistingue il taglio princess.
Sono diverse le pietre grezze che danno migliori risultati con un taglio princess rispetto a un taglio a baguette o a smeraldo. Il princess è un taglio che sta diventando sempre più popolare, probabilmente perché più luminoso e brillante rispetto ad altri tagli quadrati, ma soprattutto perché, nel corso dell’ultimo decennio, sono scaduti diversi brevetti che ne riducevano le possibilità di utilizzo. Ha un numero di faccette molto elevato e, proprio per questo, è particolarmente adatto a pietre dai colori chiari e trasparenti.

Si può dire, in un certo senso, che il taglio a rosa derivi dal taglio a cabochon, o meglio, ne sia lo sviluppo. In tempi antichi si cercava di migliorare la pietra grezza togliendole le asperità e dandole l’aspetto della pietra a cabochon; in tempi successivi, nel tentativo di migliorarla ulteriormente, si cominciò a ricavare sulla sua superficie arrotondata delle zone piatte (faccette). Questo processo ha dato vita a un taglio conosciuto come taglio a rosa, la cui forma somiglia a quella di un cabochon tondo, con 24 faccette triangolari nella parte superiore. La parte inferiore è costituita da una base piatta e quindi non ha faccette. Esiste anche una variante più semplice, il taglio a rosetta, con un numero minore di faccette.
Anticamente erano soprattutto i diamanti ad essere tagliati a rosa, dato che molti preferivano questo taglio elegante ai primi, grossolani tagli a brillante. Oggi, solo pochissimi diamanti vengono tagliati in questo modo. Il taglio a rosa riduce di molto la perdita di peso, quindi è particolarmente adatto a pietre di modesto spessore. Inoltre, quando si teme di perdere troppo peso tagliando a brillante una pietra, a volte si preferisce ricavarne due gemme con taglio a rosa.
Si ritiene che questo taglio sia stato sviluppato in Olanda nel corso del XVII secolo e abbia perso popolarità all’inizio del XVIII secolo, quando fu inventato il taglio a brillante. Un certo ritorno si è avuto all’inizio del XX secolo, soprattutto per quanto riguarda i diamanti.
Famosi diamanti tagliati a rosa sono il Gran Mogol e l’Orlov. Il Gran Mogol, dalla forma di mezzo uovo, fu rinvenuto in India nel XVII secolo: pare avesse un peso grezzo iniziale di 787 carati, ridotto a 280 carati dopo il taglio. Oggi se ne sono perse le tracce, ma si favoleggia faccia parte del tesoro di qualche principe indiano. Secondo la tradizione, l’Orlov (quasi 200 carati) era originariamente incastonato come occhio di una divinità in un tempio indiano, da dove sarebbe stato trafugato per finire alla corte russa, dono del conte Orlov a Caterina la Grande. Oggi, incastonato nel suo scettro imperiale, è conservato al Cremlino.

Non esiste solo la pietra preziosa di nome smeraldo: esiste anche un taglio “a smeraldo”, così chiamato proprio perché quello più idoneo a evidenziare la luce, il colore e la brillantezza della gemma verde. Di fatto fu inventato appositamente per risolvere i problemi di taglio di questa pietra e adattarsi, nel modo migliore, alla sua forma grezza. Naturalmente viene utilizzato anche per altre pietre preziose, ed è considerato un taglio classico. Appartiene alla famiglia dei tagli a gradino e il suo profilo, apparentemente rettangolare o quadrato, è in realtà ottagonale per via degli angoli tronchi.
Molto in voga negli anni dell’Art Déco, oggi il taglio a smeraldo soffre della grande popolarità del taglio a brillante, ma resta uno dei preferiti per gemme importanti, utilizzate, ad esempio, negli anelli di fidanzamento al dito di famosi personaggi della nobiltà e del jet set.
Tra le gemme più famose con questo tipo di taglio si annovera il Liberator I, il più grande dei quattro diamanti ricavati da un diamante grezzo proveniente dal Venezuela. Il nome di “Liberator” fu dato alla pietra in onore di Simon Bolivar (1783-1830), liberatore del Venezuela ed eroe della lotta per l’indipendenza del Sudamerica.

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