Orologi di fantasia

Prevalentemente rotondo nella sua estetica classica di modello da tasca, l’orologio ha esplorato forme diverse in ogni momento della sua lunga storia e in funzione dei differenti modi di indossarlo.

Come modello da polso, l’orologio ha scelto frequentemente la forma di un quadrato o di un rettangolo, oppure, ancora, forme più tondeggianti quali ovale o tonneau. Ma c’è stato un tempo – nei primi secoli della grande storia di quelli che, con termine un po’ generico, vennero inizialmente definiti “orologi da persona” – in cui la forma della cassa è stata il principale filo conduttore per la creatività di orologiai, orafi e lapidari.
Sono i segnatempo apparsi a partire dal sedicesimo secolo, destinati ad accompagnare la persona, e per questo profondamente differenti dai grandi orologi monumentali che scandivano il tempo pubblico e privato nelle città come nei piccoli borghi, o dagli orologi da tenere in casa. La loro comparsa dava una connotazione nuova e personale al concetto di tempo e alla sua fruibilità; e poiché non si trattava di orologi da tenere al chiuso delle pareti domestiche ma da indossare – proprio come un abito o un gioiello – la loro estetica acquistò presto una forte priorità.
Per molto tempo i nuovi segnatempo furono portati intorno al collo, sospesi a massicce collane; le signore amavano invece portarli appesi alla cintura insieme ad uno specchietto d’argento, oppure a mo’ di ciondolo o di spilla, esattamente come gli altri gioielli; in epoca più tarda li avrebbero legati al polso come braccialetti, ponendo le basi per lo sviluppo di un genere totalmente nuovo di orologeria, talmente importante da offuscare, nel corso del ventesimo secolo, tutti i generi precedenti!
In ognuno di questi casi, è stata proprio la visibilità a stimolare la creatività: per puro gusto estetico, oppure per comunicare messaggi e modi di pensare.
È così che, già nella seconda metà del sedicesimo secolo, assistiamo alla nascita dei primi “orologi di fantasia”, caratterizzati da forme originali e realizzati per lo più in oro, argento, vermeil (argento dorato) e cristallo di rocca.
Tra questi, un genere assolutamente speciale è rappresentato dai modelli d’ispirazione religiosa. Numerosi quelli a forma di croce, destinati principalmente al clero, con base in metallo e parte superiore in cristallo di rocca; insieme ad essi si diffusero – soprattutto nel sud della Germania, ma anche a Blois, uno dei grandi centri dell’orologeria francese dell’epoca, e più tardi a Ginevra e a Londra – gli orologi con cassa a forma di testa di morto, denominati “memento mori”, che venivano indossati sia dai religiosi che dalle nobildonne di una certa età.
Al di fuori dell’ambito religioso, tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, in tutti i centri europei di produzione orologiera si ebbe un’importante diffusione del cristallo di rocca; grazie alla sua trasparenza, infatti, era possibile dare risalto alle preziose incisioni del quadrante e del movimento.
Ma quando parliamo di orologi di fantasia, il nostro pensiero va soprattutto ad una produzione di orologi a ciondolo dalle forme più svariate e stravaganti, che si diffusero in modo particolare tra il Settecento e l’Ottocento, trovando nella città di Ginevra il loro centro di produzione più fiorente: le loro casse riproducevano fedelmente animali, fiori, frutti, strumenti musicali, cuori e così via; oppure gli orologi erano inseriti in oggetti di uso quotidiano, come bottigliette porta-profumo, custodie per occhiali, coltellini, borsette, ventagli ed altri ancora. Ad accomunarli, le deliziose decorazioni in smalto, la cui funzione era, in primo luogo, quella di rendere l’oggetto – specialmente fiori, frutti e animali – il più possibile realistico, fedele alla realtà non solo nella forma, ma anche nei colori.
Numerose sono le testimonianze di questo genere orologiero, appannaggio dei grandi specialisti del genere – tra tutti, si distinse in particolare Isaac Daniel Piguet (1775-1841), raffinato orologiaio che lavorò dapprima in società con Henry Capt (1802-1811) e successivamente con Philippe Samuel Meylan (1811-1828), dando vita a due delle firme più prestigiose nella produzione ginevrina di orologi in smalto durante la prima metà dell’Ottocento – ma anche di creatori rimasti assolutamente anonimi.
Le loro realizzazioni costituiscono attualmente un importante patrimonio di musei pubblici e privati, oppure fanno parte delle grandi collezioni di orologi antichi; di tanto in tanto compaiono nelle grandi aste internazionali, dove raggiungono quotazioni mediamente molto interessanti, ovviamente in funzione della loro qualità, della rarità e dell’artefice che ne ha curato la realizzazione.

“Le Paon du jour”, scatola a forma di farfalla, con orologio incorporato e musica, in oro, smalto e perle. Jean-Geor­ges Remond & Cie, Ginevra, 1815 ca. Museo Patek Philippe.

Orologio a forma di rosa di Piguet & Meylan, in oro, smalto, diamanti e perle, risalente al 1820 circa. È un esemplare raro, con automi e suoneria delle ore. Museo Patek Philippe.

Un interessante orologio a forma di coleottero realizzato intorno al 1900 dalla Maison LeCoultre. È in oro, smalto, diamanti e zaffiri, ed è stato venduto da Patrizzi & Co. a New York, il 15 giugno 2010. (Foto Patrizzi & Co. Auctioneers)

Raro monocolo in oro e smalti, realizzato a Ginevra intorno al 1805 per il mercato islamico. È attribuito a Piguet & Capt. e faceva parte della collezione Sandberg. (Foto Antiquorum)

Orologio da petto a forma di croce in ottone dorato e cristallo di rocca, firmato da Conrad Kreitze, risalente al 1620 circa. È stato venduto a New York, il 15 giugno 2010, a un’asta di Patrizzi & Co. (Foto Patrizzi & Co. Auctioneers)

Orologio “Memento Mori” in argento, realizzato a Ginevra intorno al 1650 dal maestro orologiaio Marc Lagisse, conosciuto e apprezzato proprio per i suoi orologi di fantasia. Faceva parte della collezione Sandberg. (Foto Anti­quorum)

Pendente a forma di mandolino, in oro, smalti e perle, con orologio incorporato, automi e musica. Piguet & Capt., Ginevra, 1840 ca. Museo Patek Philippe.

Orologio incorporato all’interno di un agoraio, realizzato a Ginevra intorno al 1815, di autore anonimo. Museo Patek Philippe.

Articolo a cura di Anna Rita Romani

Testo e foto sono tratti dal libro dell’Antica Orologeria Candido Operti

Racconti Preziosi 2011